Dichiarazione nutrizionale obbligatoria per le etichette alimentari:
la terza parte del Reg. UE 1169/11 in vigore dal 13 Dicembre 2016
Dal 13 dicembre 2016, secondo il Reg. UE 1169/11 diventa obbligatorio riportare sulle etichette dei prodotti alimentari preimballati (preconfezonati) le informazioni riguardanti i valori nutrizionali.
L’allegato V del citato Regolamento, identifica gli alimenti ai quali non deve essere applicato l’obbligo della dichiarazione nutrizionale. Di seguito riportiamo l’elenco:
- I prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti;
- I prodotti trasformati che sono stati sottoposti unicamente a maturazione e che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti;
- Le acque destinate al consumo umano, comprese quelle che contengono come soli ingredienti aggiunti anidride carbonica e/o aromi;
- Le piante aromatiche, le spezie o le loro miscele;
- Il sale e i succedanei del sale;
- Gli edulcoranti da tavola;
- I prodotti contemplati dalla direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 febbraio 1999, relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria, i chicchi di caffè interi o macinati e i chicchi di caffè decaffeinati interi o macinati;
- Le infusioni a base di erbe e di frutta, i tè, tè decaffeinati, tè istantanei o solubili o estratti di tè, tè istantanei o solubili o estratti di tè decaffeinati, senza altri ingredienti aggiunti tranne aromi che non modificano il valore nutrizionale del tè;
- Gli aceti di fermentazione e i loro succedanei, compresi quelli i cui soli ingredienti aggiunti sono aromi;
- Gli aromi;
- Gli additivi alimentari;
- I coadiuvanti tecnologici;
- Gli enzimi alimentari;
- La gelatina;
- I composti di gelificazione per marmellate;
- I lieviti;
- Le gomme da masticare;
- Gli alimenti confezionati in imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 25 cm 2;
- Gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore.
In merito a quest’ultimo punto di difficile interpretazione in quanto non è chiaro cosa si intenda per piccole quantità di prodotti e quindi chi rientri in tale casistica, il 16 Novembre c.a. è stata pubblicata una circolare da parte del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Salute, nella quale si precisano alcuni aspetti importanti circa l’applicazione delle nuove regole e sulle categorie degli OSA che non saranno soggetti a tale obbligo.
L’oggetto della circolare ministeriale cita “Disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 relative agli alimenti ai quali non si applica l’obbligo della dichiarazione nutrizionale. Allegato V, punto 19.” Approfondendo il contenuto del documento si evidenzia che l’esenzione dell’obbligo riguarda le varie categorie di OSA, fornendo la seguente interpretazione della deroga che si applica alle imprese classificate come micro e cioè con: “meno di 10 dipendenti e un fatturato (la quantità di denaro ricavato in un periodo specifico) o bilancio (un prospetto delle attività e delle passività di una società) annuo inferiore ai 2 milioni di euro
Quali OSA non devono adempiere all’obbligo di legge?
Ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento per gli alimenti elencati all’allegato V, la dichiarazione nutrizionale non è obbligatoria. Il punto 19 dell’allegato V estende tale deroga agli “alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale”.
Le estensioni riguardano anche:
- Alimenti artigianali. La deroga del punto 19 dell’allegato V include negli alimenti preimballati anche gli alimenti artigianali. Il riferimento agli alimenti artigianali emerge chiaramente nella versione originaria del Regolamento che dispone “Food, including handcrafted food”, laddove la traduzione italiana, pur essendo stata resa con riferimento al solo confezionamento di natura artigianale (anche confezionati in maniera artigianale), non cambia la sostanza.
- Fornitura diretta. La cessione degli alimenti, senza l’intervento di intermediari, da parte del “fabbricante di piccole quantità di prodotti”, direttamente al consumatore o alle “strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.” Che ricomprendono, come chiarito nelle Linee guida al Reg. CE 853/04, tutte le forme di somministrazione di alimenti. Restano esclusi dalla deroga, pertanto, i prodotti preimballati venduti ad imprese che esercitano vendita all’ingrosso o che svolgono attività di intermediazione commerciale, quali ad esempio le centrali di acquisto.
- Fabbricanti di piccole quantità di prodotti. Rientrano in tale definizione i produttori ed i fornitori, comprese le imprese artigiane ed agricole, che rispettino i requisiti delle microimprese così come definite all’articolo 2 della Raccomandazione 2003/361/CE. La deroga del punto 19 dell’Allegato V si applica inoltre agli alimenti oggetto di vendita diretta ai consumatori a “livello locale” da parte degli spacci aziendali.
- Livello locale delle strutture di vendita. Analogamente a quanto chiarito nelle Linee guida al Reg. CE 853/04, il concetto di “livello locale”, come previsto dal considerando 11 del medesimo Regolamento, deve essere definito in modo tale da garantire la presenza di un legame diretto tra l’Azienda di origine e il consumatore. E’ pertanto esclusa una fornitura che preveda il trasporto sulle lunghe distanze e quindi in “ambito nazionale”. Il “livello locale” può essere identificato, in analogia alle predette Linee guida, “nel territorio della Provincia in cui insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini, ciò al fine di non penalizzare le aziende che si dovessero trovare al confine di una unità territoriale e che sarebbero quindi naturalmente portate a vendere i propri prodotti anche nel territorio amministrativo confinante”.
- Vendita (commercio) al dettaglio. La definizione è riportata nell’art. 3 del Reg. CE 178/02 come “la movimentazione e/o trasformazione degli alimenti e il loro stoccaggio nel punto di vendita o di consegna al consumatore finale, compresi i terminali di distribuzione, gli esercizi di ristorazione, le mense di aziende e istituzioni, i ristoranti e altre strutture di ristorazione analoghe, i negozi, i centri di distribuzione per supermercati e i punti di vendita all’ingrosso”. Tale definizione trova riscontro con il termine “collettività” di cui all’art. 2, paragrafo 2, lettera d) del Reg. UE 1169/11 come “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale.”