Il nuovo D.lgs. 231/2017 definisce l’impianto sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del Regolamento UE 1169/2011
Articolo a cura di Avv. Giorgia Andreis, Esperto in diritto alimentare, Studio Legale Avvocato Andreis e Associati, Torino
Il nuovo D.lgs. 231/2017, come noto, definisce l’impianto sanzionatorio del Regolamento UE 1169/2011, ma prescrive anche le disposizioni di adeguamento al Regolamento, eseguendo così il compito che il legislatore comunitario ha affidato agli Stati membri in relazione a specifiche discipline. Il decreto entrerà in vigore il 9 maggio 2018, prevedendo come disposizione transitoria che gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima di questa data e non conformi con il decreto, possano essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.
Il quadro normativo in materia di presentazione dei prodotti alimentari si delinea ora nella sua maggiore completezza, avendo aggiunto questi due importanti tasselli, e finalmente fornisce agli operatori strumenti di valutazione e operatività la cui assenza, sinora, ha creato in certi casi diverse problematiche.
Per quanto riguarda il profilo sanzionatorio, la norma individua, sì, le sanzioni amministrative applicabili in caso di violazioni del Regolamento 1169, ma fa salva la disciplina prevista dal Codice del Consumo che dunque resta invocabile a fronte di una condotta commerciale scorretta (si tenga conto che l’art. 7 del regolamento disciplina le “pratiche leali di informazione”) e che comporta la competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) a giudicare e infliggere le sanzioni amministrative pecuniarie e interdittive che lo stesso Codice prevede.
La norma indica come autorità competente alla irrogazione delle sanzioni il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, restando ferma, come visto, la competenza dell’AGCM in caso di applicazione del CdC, ma anche le “competenze spettanti ai sensi della normativa vigente, agli organi preposti all’accertamento delle violazioni”. Quindi, oltre alla Repressione Frodi, anche altre potranno essere le autorità di controllo e contestazione. Per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni si applica la procedura prevista dalla Legge 689/1981, così come la procedura prevista dal D.L. 91/2014. Con tale procedura, intanto, si riconosce all’operatore in infrazione una riduzione del 30% della sanzione, ove provveda al pagamento entro cinque giorni. Inoltre, nei casi in cui si accerti per la prima volta una sanzione “sanabile”, si applica l’istituto della diffida, vale a dire l’ “invito” a regolarizzare la non conformità e a elidere le conseguenze dannose o pericolose dell’illecito entro il termine di venti giorni dalla ricezione dell’atto di diffida. Se l’operatore non ottempera alle prescrizioni contenute nella diffida entro il termine, l’organo di controllo procede ad effettuare la contestazione, senza concedere il beneficio del pagamento della sanzione in misura ridotta.
Il decreto 231/2017 prevede poi altre situazioni di riduzione o esclusione delle sanzioni. Infatti, nel caso in cui la violazione sia commessa da imprese aventi i parametri della microimpresa (ai sensi della Raccomandazione 2003/361/CE), la sanzione amministrativa è ridotta sino a un terzo. Non si applicano le sanzioni previste, invece, alle forniture di alimenti che presentino irregolarità di etichettatura – ma non riguardanti la data di scadenza o sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze – se destinate ad organizzazioni senza scopo di lucro, per la successiva cessione gratuita a persone indigenti. Il decreto dunque fa suoi i principi espressi dalla Legge Gadda e favorisce in questo modo la lotta contro gli sprechi, prediligendo appunto la cessione dell’alimento rispetto a una non conformità nella sua presentazione; non conformità che non abbia, ben inteso, riflessi sulla salute del consumatore. Stessa situazione, e cioè esclusione della sanzione, nel caso di immissione sul mercato di un alimento che sia corredato da adeguata rettifica scritta delle informazioni non conformi.
Ancora, la sanzione da 5.000 a 40.000 euro, prevista nel caso di mancata indicazione degli allergeni, non si applica ove il soggetto responsabile abbia avviato le procedure di ritiro e richiamo del prodotto prima dell’accertamento della violazione da parte dell’autorità di controllo. In sostanza, il nostro legislatore si è espresso delineando un quadro sanzionatorio che differisce dal precedente per la maggiore severità, nel senso che indubbiamente il decreto segna un inasprimento delle sanzioni rispetto a prima, ma anche per la introduzione di strumenti di riduzione o esclusione delle sanzioni, applicabili in determinate situazioni e a fronte del ravvedimento operoso dell’operatore interessato dalla contestazione. Ciò posto, è bene rilevare che ricorrendo alla clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca reato”, il legislatore mantiene il “presidio penale” (v. Relazione illustrativa dello schema di decreto), assicurato dagli artt. 515 e 517 c.p. e quindi le condotte sanzionate amministrativamente nel decreto possono essere contestate penalmente.
Per quanto concerne le disposizioni di adeguamento, il decreto 231 abroga le prescrizioni del D. Lgs. 109/1992 divenute inapplicabili, in quanto materia armonizzata dal regolamento 1169; contemporaneamente, adegua le disposizioni non armonizzate del D. Lgs. n. 109/1992, riproponendole nel nuovo articolato, e in definitiva determina anche per queste la abrogazione del 109. Sul punto, il nuovo decreto riporta la disciplina del lotto (art. 17), dei distributori automatici (art. 18), della vendita dei prodotti non preimballati (art. 19) e dei prodotti non destinati ai consumatori (art. 20).
Con particolare riguardo alla vendita dei prodotti non preimballati, si vuole rilevare come con l’art. 19 il legislatore non si sia limitato a ricalcare la previgente disciplina, ma l’abbia contestualizzata alla luce dei principi e obblighi del Regolamento 1169.
Infatti, oltre a confermare l’obbligo di fornire sul cartello o altro sistema equivalente le indicazioni già note perché previste nel previgente art. 16 D. Lgs. 109/1992, vi aggiunge le informazioni sugli allergeni e l’obbligo della designazione “decongelato” di cui all’Allegato VI, punto 2 Reg. UE 1169/2011.
Per i prodotti della gelateria, panetteria, della pasta fresca (categoria di nuovo inserimento), della pasticceria e della gastronomia, comprese le preparazioni alimentari, il legislatore richiede che l’informazione sugli allergeni sia “riconducibile ai singoli alimenti posti in vendita”. Si tratta di una precisazione aggiuntiva che sarà probabilmente oggetto di discussioni, poiché non si possono non prevedere problematiche nella sua concreta e operativa applicazione; tenuto conto, oltretutto, del fatto che nella maggioranza dei casi gli operatori preparano su un unico piano di lavoro e quindi, oltre agli allergeni presenti in ogni singola preparazione, probabilmente dovranno evidenziare anche la possibile presenza di contaminazioni inevitabili.
Inoltre, nell’ambito di questa tipologia di prodotti, rilevano i paragrafi 8 e 9 dell’art. 19, che sono dedicati agli alimenti non preimballati serviti dalle collettività. In questo contesto, l’obbligo informativo posto in capo agli operatori riguarda le due informazioni già citate e cioè quella relativa alla presenza di allergeni e quella riferita allo stato “decongelato” dell’alimento.
La indicazione degli allergeni deve essere fornita, coerentemente con la circolare ministeriale di alcuni anni fa sul tema, tramite il menu, un registro, un apposito cartello oppure un sistema digitale, supportato anche da documentazione scritta facilmente reperibile, e deve essere riconducibile al singolo alimento prima che questo sia servito (si ribadisce dunque la necessità di una presentazione puntuale delle sostanze allergeniche); in alternativa, si conferma la possibilità di fornire la informazione oralmente, sempre che sia preannunciata e supportata da documentazione scritta; quindi si può ricorrere ad un avviso sui menu, registri, folder, della possibile presenza degli allergeni, che rimandi al personale a cui chiedere.
Per la indicazione della designazione “decongelato”, che va fornita in relazione alla singola pietanza, sono fatte salve le esenzioni elencate specificamente nel Regolamento 1169/11.
Il quadro sintetico esposto sulle disposizioni contenute nel nuovo decreto completa l’assetto normativo relativo al Regolamento 1169, ma richiederà ancora sforzi collaborativi e di confronto con le Autorità Competenti per arrivare a una sua doverosa ed efficace applicazione nelle attività produttive.
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