Good Design: una metodologia di progetto per le imprese alimentari di successo
Progettare imprese alimentari – il vero design è un insieme di metodologie
Nella lingua inglese la parola “design” è usata indifferentemente come sostantivo e come verbo ed assume significati diversi, quali intenzione, proposito, piano, intento, scopo, figura, struttura di base, oppure (to design) architettare, simulare, ideare, abbozzare, organizzare, agire in modo strategico.
Il termine deriva dal latino “signum” che corrisponde all’italiano “segno”: così, dal punto di vista della radice etimologica la parola design significa “disegno”, che per lungo tempo anche nel nostro lessico corrente ha rappresentato un sinonimo del termine “progetto”.
Solo in tempi recenti questo termine ci è stato restituito dal mondo anglosassone sotto forma di “design” assumendo un significato internazionale che va ben oltre la sua etimologia.
Un “Buon Design” è quindi un progetto funzionale allo scopo, capace di rispondere alle necessità dell’Impresa (definita anche Organizzazione) con il minimo dispendio di risorse (tempo, denaro, ritardi) ed un buon progettista è pertanto colui che si rende capace di interpretare e governare le esigenze anche non espresse e tradurle in “segno” permettendone la realizzazione.
Progettare è un azione complessa, lo dice bene anche il termine latino “proiectum” – gettare avanti, ovvero essere in grado di immaginare un’opera compiuta e articolata in tutti i suoi dettagli e lo è tanto più se l’oggetto è un’impresa in ambito alimentare dove sono ben note le interazioni tra i ruoli e le specificità, le stratificazioni normative europee, nazionali, locali a volte in contrasto tra loro, le rapide evoluzioni tecnologiche e le mutevoli situazioni di mercato.
Orientarsi in questa giungla non è affatto facile e risulta indispensabile affidarsi ad un team di professionisti competenti nell’ambito specifico (quello alimentare) che abbiano una forte propensione per una metodologia di “progettazione partecipata” in cui prima si analizza e si progetta il contenuto (prodotti, processi, azzonamenti, tempi, metodi) e poi si realizza il contenitore (struttura, impianti, infrastrutture).
Gli utilizzatori dell’Impresa (responsabili, addetti, front e back office), i Professionisti (tecnologi alimentari, chef, architetti-designer, ingegneri impiantisti) ed i Fornitori di attrezzature e tecnologie devono collaborare coordinati all’interno di una strategia comune evitando dispersioni e mettendo a frutto le competenze di ogni attore coinvolto nel processo.
I criteri generali da seguire per un “good design” sono traducibili in quattro parole chiave: funzionalità, igiene-sicurezza, durabilità, sostenibilità:
- la funzionalità riguarda l’adeguatezza degli spazi e delle strutture nell’eseguire le operazioni di routine quotidiana;
- l’igiene e la sicurezza riguardano la scelta di forme e materiali che permettano una rapida ed efficace sanificazione e controllo, oltre che un utilizzo ergonomico degli spazi;
- la durabilità è un fattore che mette in campo anche scelte economiche, gli investimenti necessari sono cospicui e necessitano di tempi di ammortamento medio-lunghi, che non possono quindi prescindere da una durabilità importante delle attrezzature e dei materiali impiegati nella struttura.
la sostenibilità è un parametro a valenza etica, entrato di prepotenza e ormai consolidato nel sentire comune in quanto contempla il rispetto dell’ambiente, il contenimento energetico, l’uso di materiali eco-compatibili, bio-sostenibili o che rientrano nei principi di riuso e riciclo.